L’Egitto nell’Ottocento

<div align="justify">Già nel Settecento elementi egittizzanti erano presenti nei riti della Massoneria, e fin dal Rinascimento era comune la convinzione che le mummie egizie avessero speciali poteri terapeutici. Immediatamente dopo la Campagna Napoleonica del 1798-99 l’immaginario romantico europeo venne pienamente conquistato dalla “Description de l’Egypte”, un enorme volume realizzato dai numerosi studiosi al seguito di Bonaparte, in cui erano minuziosamente esposti i maggiori siti archeologici del Paese. Vi fu una vera e propria esplosione di “egittomania” in tutto il Vecchio Continente, tanto che i nobili europei in grado di permetterselo iniziarono un abituale tour dell’Egitto per visitare i luoghi che evocavano la magnificenza dei Faraoni. <br>Nel 1805 il generale albanese Mohammad Alì sconfisse i signori dell’Egitto di allora, i Mamelucchi, una casta di guerrieri ex-schiavi alle dipendenze del sultano ottomano. Fu una svolta importante per la storia del Paese, infatti Mohammad Alì industrializzò l’Egitto con l’aiuto di tecnici e scienziati europei, facendo edificare cantieri navali e stabilimenti tessili. <br>Nel 1822 l’insigne studioso francese Jean François Champollion riuscì a decifrare la scrittura geroglifica, grazie alla Stele di Rosetta, rinvenuta da una soldato durante la Campagna Napoleonica ventitrè anni prima, che presentava lo stesso testo in tre lingue: greco, egizio e demotico. Da questo momento i muri degli antichi templi poterono essere letti, e la gloriosa storia dell’Egitto faraonico iniziò ad essere meno oscura agli studiosi. Attirati dalle ricchezze che gli antichi re d’Egitto dovevano sicuramente aver sepolto nella sabbia del deserto, molti avventurieri europei si cimentarono in varie campagne di scavo, con l’appoggio del filo-europeo Mohammad Alì. <br>Nel 1828-29 vi fu la famosa spedizione archeologica franco-toscana, coadiuvata dal re francese Carlo X e dal granduca Leopoldo II, guidata dallo stesso Champollion e dal suo amico e collaboratore Ippolito Rosellini, che fonderà in seguito la prima cattedra di Egittologia in Italia, nella sua città natale ovvero Pisa. Nel 1849 Mohammad Alì morì e i suoi successori, chiamati khedivè, si susseguirono sul trono del Cairo. Tra questi il più importante fu senza dubbio Ismail Pasha, che modernizzò l’Egitto dando origine ad un boom edilizio senza precedenti: fece costruire una rete ferroviaria, vari hotel per accogliere i sempre più numerosi turisti europei, un’efficace sistema postale, il teatro lirico e il Canale di Suez (1869) che unì il Mediterraneo con il Mar Rosso. Erano già stati fatti alcuni tentativi di aprire l’istmo di Suez all’epoca di Tolomeo II circa nel 250 a. C. e poi sotto il governo dell’imperatore Traiano, ma in seguito il canale venne dimenticato e si insabbiò. La nuova via d’acqua era particolarmente vantaggiosa per l’Inghilterra, la quale era in grado di controllare meglio i traffici commerciali con l’India. Per l’occasione, il noto musicista Giuseppe Verdi compose la grande opera “Aida”, la cui prima venne rappresentata nel 1871 al Teatro dell’Opera al Cairo. <br>Dal 1882 l’Egitto fu pienamente sotto il controllo dell’Inghilterra: i khedivè continuarono a regnare, ma di fatto il potere era nelle mani degli Inglesi. Il Paese riconquistò l’indipendenza nel 1922. Tra Ottocento e Novecento molti furono gli archeologi che scavarono e riportarono alla luce ricchezze inestimabili. I consoli francesi e inglesi, soprattutto nella prima metà del XIX secolo, facevano a gara per razziare gli antichi tesori dei faraoni. Nel 1835 Mohammad Alì aveva emanato una legge in cui vietava l’esportazione eccessiva dei reperti preziosi, ma questo non fermò gli avventurieri europei. Fu il governo inglese ad accaparrarsi la maggior parte dei tesori egizi, i quali finirono poi al British Museum o nella collezione privata di qualche Lord. Anche semplici viaggiatori (e anche viaggiatrici) particolarmente facoltosi non disdegnavano di fare un tour completo dell’Egitto, rimanendo affascinanti da quel mondo che da una parte evocava i luoghi orientali descritti ne “Le Mille e una notte”, e dall’altra l’antico splendore della plurimillenaria civiltà delle piramidi. Nell’Ottocento furono rinvenute così tante mummie che persero di valore e furono utilizzate per gli scopi più differenti: come combustibile (!), nell’ambito della magia nera, per la produzione di carta, come medicina, addirittura come ornamento sui caminetti della case vittoriane. Molto comuni erano anche gli sbendamenti in pubblico, nelle scuole e nelle Università. Qui di seguito sono riportati i principali archeologi che operarono in Egitto in questo periodo. <br><br><b>Bernardino Drovetti</b> (1776-1852), piemontese, fu console generale di Francia in Egitto. Amico di Mohammad Alì, raccolse molti tesori che poi vendette al museo di Berlino, al Louvre e al re Carlo Felice di Savoia, il quale scelse il palazzo dell’Accademia delle Scienze come sede del futuro Museo Egizio di Torino, dando origine al primo Museo di Antichità Egizie al mondo. <br><br><b>Giovanni Battista Belzoni </b>(1778-1823), padovano, dapprima studioso di ingegneria idraulica e poi uomo di circo in Inghilterra. Dalla patria adottiva fu inviato in Egitto, insieme alla moglie Sara, come perito idraulico su richiesta di Mohammad Alì, ma le sue macchine idriche non suscitarono grande interesse. Qui si appassionò all’archeologia e raccolse vari tesori che vendette al British Museum di Londra. Tra i suoi meriti vanno citati la scoperta della tomba di Sethi I e l’entrata per la prima volta nell’età moderna nella piramide di Khafra (Chefren). <br><br><b>Auguste Mariette</b> (1821-1881), egittologo francese che condusse una serie di fortunate campagne di scavo, specialmente a Saqqara dove rinvenne il Serapeum (in cui vi erano i sarcofagi dei tori consacrati al dio Api) e molte mastabe dell’Antico Regno e alcune tombe reali a Luxor. Fondò il “Service des Antiquites” e creò il nucleo originario del Museo del Cairo. <br><br><b>Gaston Maspero</b> (1846-1916), professore francese di origine italiana, compì varie missioni di scavo in tutto il Paese e si adoperò per dare inizio alla prima spedizione archeologica in Nubia. Fu il successore di Mariette nella direzione del Museo del Cairo e ne catalogò tutti i reperti in ben cinquanta volumi. <br><b><br>Matthew Flinders Petrie</b> (1853-1942), egittologo inglese che condusse numerose campagne di scavo, non solamente in Egitto, ed applicò per la prima volta il metodo di scavo sistematico. Mise a punto inoltre una propria tecnica di catalogazione dei reperti archeologici. <br><b><br>Victor Loret </b>(1859-1946), archeologo francese che fu direttore generale delle Antichità Egiziane. Scoprì la tomba di Thutmosis III, di Amenhotep II e molte altre importanti sepolture. <br><br><b>Ernesto Schiaparelli </b>(1856-1928), egittologo originario di Biella, fu dapprima direttore del Museo Egizio di Firenze e in seguito del Museo di Torino. Guidò varie missioni archeologiche finanziate personalmente dal re Vittorio Emanuele III. Scoprì la tomba di Nefertari e rinvenne intatta la sepoltura dell’architetto Kha e di sua moglie Merit, il cui contenuto è interamente esposto al Museo Egizio di Torino. Venne nominato senatore nel 1924. <br><br><b>Howard Carter</b> (1873-1939), celebre archeologo inglese che su finanziamento del facoltoso Lord Carnarvon trovò intatta nel 1922 la tomba di Tutankhamon. Da quest’episodio si diffuse in tutto il mondo un’altra ondata di “egittomania”, insieme alla cosiddetta “maledizione del faraone” che poi si scoprì non essere altro che un spora di fungo rimasta sigillata nella tomba di re Tut per oltre tre millenni, la quale aveva colpito i sistemi immunitari meno forti.<br><br><div align="right"><b><i>Autore: Elena Torrei</i></b><br> </div></div>

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