Il sacerdote: un delegato reale nel servire gli dei

<p align="justify">Un’ attenta e minuziosa osservanza dei riti e delle offerte arrecava soddisfazione agli dei i quali ripagavano con benevolenza nei confronti di tutto l’Egitto. Ma al tempo stesso, il faraone rappresentava pro tempore la natura divina, assicurando una sorta di equilibrio e di ordine tra l’universo e il mondo creato. In questo modo, il sovrano, oltre a governare sulla terra amata, esplicitava la sua funzione regale svolgendo un ruolo sacerdotale, ma, non potendo ottemperare quotidianamente agli impegni rituali, delegava i sacerdoti al compimento delle liturgie. Il faraone, però, responsabile delle azioni dei suoi rappresentanti, supervisionava indirettamente tramite la sua effige; le rappresentazioni parietari dei templi lo ritraggono nello svolgimento dei rituali, quasi ad indicare una sorta di garanzia di qualità o un memento ai suoi delegati. Il sacerdote, dunque, rappresentante – sostituto del faraone nel servire gli dei; questo concetto viene affermato anche nella rappresentazione grafica del ruolo: infatti, oltre all’ideogramma dal valore fonetico w ‘b, ossia puro, il sacerdota veniva identificato con hm – ntr ovvero servitore del dio. In quanto appena citato ritroviamo le funzioni, costanti nei secoli, dei sacerdoti: mantenere pura l’area dei templi e dei santuari, svolgere riti e pratiche religiose, organizzare e coordinare feste, celebrazioni solenni, inclusa l’uscita del dio dal tempio. Analizzando l’ideogramma di puro, che come anticipato era il nome egizio utilizzato per delineare la categoria degli addetti al culto, troviamo un uomo nell’atto di adorare con un vaso sulla testa dal quale esce l’acqua. Purificazione ottenuta attraverso il “lavaggio” dello sporco. Un altro segno, dallo stesso valore fonetico w ‘b, è una variante del termine precedente, ma il valore simbolico della purificazione con l’acqua rimane e l’uomo viene sostituito graficamente dal fonema b. La purezza, dunque, come valore e marchio distintivo del sacerdote nell’arco delle sue funzioni; attributo non necessario invece, per ciò che concerneva la vita di questo operatore liturgico al di fuori dal tempio. Il clero maschile era diviso, in maniera particolarmente permeabile, in due gruppi, il primo delegato alle funzioni spirituali, il secondo tranquillamente definibile come personale tecnico – amministrativo. Le due strutture, come già anticipato erano sì parallele ma aperte; un sacerdote, in momenti diversi poteva ricoprire ruoli diversi. Il primo gruppo, che per comodità definiremo sacerdotale, era ulteriormente suddiviso in un alto clero, con funzioni prettamente inerenti al culto e a tutte quelle azioni volte alle direttive e alla disciplina da tenere nella casa del dio, e un basso clero con funzioni definibili ausiliari. Il primo profeta o primo servitore del dio o sommo sacerdote era la punta di questa gerarchia sacerdotale; sotto vi erano altri tre gradi di profeti, prima di arrivare ad un nugolo di sacerdoti ordinari. In una posizione non ben definita ma collocabile tra i profeti e i sacerdoti ordinari, troviamo i così detti padri del dio. A completare il quadro degli ordinari, tra le figure di spicco troviamo il soprintendente, l’ispettore dei profeti e il profeta supplente. Naturalmente ognuno con una funzione specifica. Non dobbiamo immaginare la gerarchia sacerdotale come un corpo unico compatto con le stesse linee guida sia spirituali sia di gestione del tempio valide su tutto il territorio. Ogni casa del culto rappresentava un piccolo universo celeste a sé, anche da un punto di vista organizzativo; non vi era alcuna forma di subordinazione nei confronti di altri settori del clero, aldilà delle dimensioni del tempio o dell’importanza del dio oggetto di culto, salvo qualche rara eccezione verificatasi nell’arco del Nuovo Regno. Il ruolo di sacerdote veniva svolto servendo un determinato dio, in un determinato tempio di una determinata località. Anche per ciò che concerne la scalata gerarchica ogni culto di dio rappresentava una carriera a sé stante; non erano rare le posizioni gerarchiche differenti dello stesso sacerdote all’interno di un tempio dove due divinità erano oggetto di culto. A suffragare tale ipotesi è da annotare la solerzia con cui i documenti pervenuti specifichino con attenzione i titoli sacerdotali accompagnati al dio di riferimento. Insomma non c’è mai stata una cosi detta religione di stato; il variegato phanteon nilotico ne è una conferma e anche il culto nella città del faraone rimaneva di ristretta giurisdizione. </p> <p align="right"><strong><em>Generoso Urciuoli</em></strong></p>

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