Il Miele in Egitto e nella scienza

<div align="justify">Anticamente, il miele era l’unico alimento zuccherino concentrato reperibile, ne abbiamo traccia in svariate arnie manufatte databili al VI millennio a.C. e sappiamo che veniva usato dai Sumeri mescolato con argilla, acqua e olio di cedro per formare creme di bellezza; inoltre compare nei racconti mitologici di questo popolo, uno dei quali ad esempio narra che Emesh ed Enten (rispettivamente dio dell&rsquo;Estate e dio dell&rsquo;Inverno) in seguito ad una lite, si riappacificarono e insieme consumarono miele e vino. Molte civilt&agrave; hanno una bevanda a base di miele: ad esempio il melikraton presso i paesi nordici &egrave; ottenuto da un miscuglio di miele e sangue cos&igrave; come l’idromele &egrave; una delle bevande fermentate pi&ugrave; antiche, composta da acqua, miele e lievito. Possiamo ricordare inoltre che i Babilonesi, oltre ad utilizzarlo per fini terapeutici, lo impiegavano anche miscelandolo con farina, sesamo e datteri per cucinare focaccine. <br /> <br /> Pi&ugrave; a occidente, in Egitto, i primi documenti sull&rsquo;apicoltura risalgono all&rsquo;Antico Regno: la professione di apicoltore &egrave; menzionata in molti testi dell’epoca dove si parla di arnie in terracotta a forma di cilindro e disposte orizzontalmente, popolate con l’ape egiziana, ancora oggi presente nella vallata del Nilo come migliaia di anni fa: infatti, grazie alle sue ridotte dimensioni, l&rsquo;ape egiziana ha sempre sfruttato come &ldquo;dimora&rdquo; spazi ristretti non accessibili ad altre specie di api pi&ugrave; grandi, in questo modo il suo patrimonio genetico ha subito ben poche contaminazioni giungendo a noi quasi immutato. <br /> <br /> L&rsquo;apicoltura si svilupp&ograve; lungo le sponde del Nilo provviste di abbondanti fioriture e di un clima favorevole, ma non si trattava di un&rsquo;attivit&agrave; statica, bens&igrave; transumante: dopo che il Nilo depositava il limo fertile sulle sue sponde, alcuni campi venivano seminati con erba medica, fave e cotone favorendo con la loro crescita il popolamento delle api. Poich&eacute; lungo il corso del Nilo la semina avveniva in periodi leggermente diversi, veniva praticata l&rsquo;apicoltura nomade. Nell&rsquo; Alto Egitto gli spostamenti degli alveari avvenivano con l&rsquo;impiego dei muli: ne troviamo conferma in un papiro del III secolo a.C. dove si legge una lamentela di apicoltori rivolta ad un funzionario che aveva loro confiscato i muli utilizzati proprio in tal modo. <br /> Si racconta che, seguendo una tradizione probabilmente risalente all&rsquo;epoca dei Faraoni, nel &lsquo;700 gli apicoltori, verso il mese di ottobre, usassero affidare ai barcaioli i loro alveari affinch&eacute; risalissero lentamente il Nilo, sostando in tutti i luoghi in cui trovavano del verde e dei fiori. Dopo tre mesi, a febbraio, gli alveari venivano riportati ai proprietari, colmi del miele prodotto dalle api. Questa attivit&agrave; fruttava agli Egiziani un ottimo miele e grandi quantit&agrave; di cera, mentre ai battellieri andava un compenso proporzionale al numero degli alveari che essi avevano caricato. <br /> <br /> Ma le testimonianze non finiscono qui: sui dipinti di un sarcofago dell&rsquo;Antico Regno conservato al British Museum e su un rilievo della tomba di Pa-bu-sa a Tebe, si vede raffigurato in modo molto simile il defunto inginocchiato presso file di api. <br /> Nel Papiro Rollin e nel Papiro Lee(1) sono contenuti gli atti dei processi durante i quali vennero condannate alcune persone ritenute colpevoli di aver congiurato contro Ramesse III fabbricando statuine di cera allo scopo di nuocere al faraone. <br /> Inoltre, a Sais si trova un tempio dedicato alla dea Neith denominato &ldquo;castello dell&rsquo;Ape&rdquo;, animale associato alla divinit&agrave;: in effetti essa veniva indicata attraverso la parola &ldquo;miele&rdquo; e il geroglifico raffigurava Neith recante una canna. Anche nel mito dell&rsquo;Occhio del Sole, contenuto in un papiro demotico di et&agrave; romana, si narra che gli apicoltori per sollecitare le api a sciamare le chiamassero con uno zufolo di canna. <br /> Ricordiamo infine che il geroglifico bit&rsquo;, raffigurante un&rsquo; ape, come ideogramma &egrave; traducibile sia con &ldquo;ape&rdquo; sia con &ldquo;miele&rdquo; e simboleggiava la sovranit&agrave; del Basso Egitto cos&igrave; come il giunco era quella dell&rsquo;Alto Egitto. <br /> L&rsquo;importanza del miele a quel tempo va imputata anche all&rsquo;impiego che ne veniva fatto in medicina, infatti era un elemento frequentemente usato per la cura di malattie del tubo digerente, dei reni, degli occhi e nei preparati da applicare sulle ferite, come si pu&ograve; leggere in numerosi casi del papiro chirurgico E. Smith; ci&ograve; sta ad indicare che gi&agrave; allora erano note le sue propriet&agrave; cicatrizzanti; inoltre veniva anche impiegato nella preparazione di creme di bellezza e saponi. <br /> <br /> <em>Caso 11 &ndash; papiro E. Smith </em><br /> <br /> <em>Se esaminassi un uomo con una frattura delle ossa del naso e una ferita infetta che giunge fino all&rsquo;osso [&hellip;]</em><br /> <em>Si dovr&agrave; pulire la ferita con dei tamponi di lino [&hellip;]. La cute lacerata dovr&agrave; essere fasciata con grasso e miele ogni giorno fino a completa guarigione.</em> <br /> <br /> Per quanto riguarda l&rsquo;aspetto prettamente chimico moderno del miele, sappiamo che &egrave; composto da acidi organici, sali minerali, vitamine, oligoelementi ed enzimi oltre ad essere un&rsquo;importante fonte di zuccheri semplici. Mentre il glucosio viene bruciato immediatamente, il fruttosio di cui &egrave; particolarmente ricco il miele, deve prima subire alcune trasformazioni nei cicli metabolici del corpo umano, pertanto resta pi&ugrave; a lungo a disposizione dell&rsquo;organismo. Il miele infatti &egrave; altamente energetico ed &egrave; dotato di propriet&agrave; emollienti, umettanti e addolcenti utili al cavo orale, alla gola, ma anche allo stomaco e all’intestino; ha anche un’attivit&agrave; blandamente lassativa e contribuisce allo smaltimento delle sostanze tossiche ingerite o derivate dal metabolismo che vanno ad accumularsi nel fegato. <br /> Fra le caratteristiche biologiche esclusive di questo alimento, c&rsquo;&egrave; quella antibatterica, dovuta alla concentrazione zuccherina e al suo pH acido. Nel miele, in particolari condizioni di diluizione, si attiva l&rsquo;enzima gluco-ossidasi che produce acqua ossigenata e acido gluconico a partire dal glucosio. Questo meccanismo avrebbe il significato biologico di proteggere dall’attacco microbico il miele in via di formazione quando il sistema di inibizione dovuto alla elevata concentrazione zuccherina non &egrave; ancora efficiente. Anche i polifenoli in esso contenuti (grosse molecole chimiche ad azione antiossidante) hanno un&rsquo; attivit&agrave; antibatterica molto simile oltre ad essere attivi anche contro i radicali liberi. <br /> <br /> Non sono pochi gli studi scientifici che hanno evidenziato nel miele un effetto antibiotico, antimicotico e di promozione della cicatrizzazione su ferite chirurgiche, bruciature e ferite infette, in particolare nel miele derivato da timo, anice, pino, castagno, dente di cane e Manuka(2). Alcuni studiosi hanno anche testato mieli in diverse condizioni di conservazione (invecchiato, fresco, esposto a raggi ultravioletti, scaldato) su patogeni umani di diverso tipo. Il test &egrave; stato riproposto anche in condizioni di acidit&agrave; diverse. <br /> I risultati hanno chiarito che miele in concentrazione variabile dal 30 al 100% inibisce con efficacia proporzionale via-via maggiore, la proliferazione di batteri tipo Escherichia coli(3) e Haemophilus influenzae(4). L&rsquo;invecchiamento e il riscaldamento del miele ne diminuivano le capacit&agrave; antimicrobiche, mentre l&rsquo;esposizione ai raggi UV e una maggiore acidit&agrave; dell&rsquo;ambiente la potenziavano. Il miele grezzo applicato su ferite infette ha dimostrato una riduzione del rossore, gonfiore, tempo di guarigione e carica batterica delle lesioni infettate da batteri come Staphylococcus aureus(5) e Klebsiella sp (6). Tale attivit&agrave; era comparabile con quella di alcune pomate antibiotiche. <br /> E&rsquo; stata ottima anche la risposta contro le infezioni della congiuntiva causate dai molti batteri e miceti analizzati, fra cui anche la Candida albicans7. Altri studi maggiormente dedicati all&rsquo;attivit&agrave; del miele su colture fungine, hanno evidenziato come una certa quantit&agrave; di miele grezzo puro riusciva ad inibire completamente la proliferazione microbica, attivit&agrave; che si andava a ridurre fino ad esaurimento col decrescere della concentrazione fino al 20%. <br /> <br /> Ancora oggi quindi ricorriamo molto spesso al miele o a qualche suo derivato (polline, cera, propoli, pappa reale) in caso di malattie da raffreddamento, mal di gola, piaghe e ferite o semplicemente come ricostituente, dolcificante o ancora addizionati ad alcuni cosmetici.</div> <p><em><strong>AUTORE: CHANTAL MILANI</strong></em></p> <div align="justify">&nbsp;</div> <hr align="justify" /> <div align="justify">1 Papiro Rollin e Papiro Lee: ora conservati rispettivamente presso la Biblioteca Nazionale a Parigi e al British Museum, probabilmente facevano originariamente parte dello stesso gruppo di &ldquo;papiri giuridici&rdquo; cui faceva parte anche il &ldquo;Papiro della Congiura&rdquo; conservato al Museo Egizio di Torino.<br /> 2 Manuka: arbusto originario della Nuova Zelanda. Il miele ottenuto da questa pianta &egrave; uno fra quelli con maggiore attivit&agrave; antibatterica.<br /> 3 Escherichia coli: batteri che vivono nell&rsquo;intestino e che possono essere causa di malattie intestinali, infezioni dell&rsquo; apparato urinario, dei polmoni, meningiti e sepsi. <br /> 4 Haemophilus influenzae: batterio che colonizza naso gola e pu&ograve; causare infezione delle prime vie aeree, sepsi e meningite.<br /> 5 Staphylococcus aureus: batterio spesso resistente agli antibiotici responsabile di infezioni acute a carico di cute, apparato scheletrico, respiratorio, urinario e sistema nervoso centrale.<br /> 6 Klebsiella sp. : batterio che colonizza prevalentemente il colon e l&rsquo;intestino retto e che pu&ograve; causare malattie intestinali e affezioni del tratto urinario e dei polmoni .<br /> 7 Candida albicans: lievito che solitamente colonizza il colon e che pu&ograve; essere causa di infezioni fungine delle mucose, principalmente quella vaginale e del cavo orale, delle unghie e della cute.</div> <hr align="justify" /> <div align="justify"><br /> <strong>Bibliografia:</strong> <br /> <br /> <ul> <li>Alphandery E – &quot;Trattato completo di apicoltura&quot; – 1935;</li> </ul> <ul> <li>Al-Waili S.S. – &ldquo;Investigating the antimicrobical activity of natural honey and its effects on the pathogenic bacterial infections of surgical wound and conjunctiva&rdquo; &ndash; J Med Food. 2004 Summer; 7(2):210-22</li> </ul> <ul> <li>Betr&ograve; MC – &quot;Geroglifici. 580 segni per capire l&rsquo;Antico Egitto&quot; – Mondadori 1998:117;</li> </ul> <ul> <li>Ceyhan N, Ugur A. &ndash; &ldquo;Investigation of in vitro antimicrobial activity of honey&rdquo; &ndash; Riv Biol. 2001 May-Aug;94(2):363-71</li> </ul> <ul> <li>Efem SE, Udoh KT, Iwara CI &ndash; &ldquo;The antimicrobial spectrum of honey and its clinical significance&rdquo; &ndash; Infection, 1992 Jul-Aug; 20(4):227-9</li> </ul> <ul> <li>Pascal Vernus – &ldquo;Affairs and Scandals in Ancient Egypt&rdquo; – Ithaca: Cornell University Press, 2003. Savary – &quot;Lettere sull’Egitto&quot; -1788;</li> </ul> <ul> <li>Vogel FW.di Custrin in Crivelli MB – &quot;L’ape egiziana&quot; – L’Apicoltore, 1870;</li> </ul> <ul> <li>Wikimedia Foundation – http://it.wikipedia.org/wiki/ Wikipedia</li> </ul> <ul> <li>Willix DJ, Mlan PC, Harfoot CG &ndash; &ldquo;A comparison of the sensitivity of wound-infecting species of bacteria to antibacterial activity of manuka honey and other honey.</li> </ul> <ul> <li>Zaghloul AA, El-Shattawy HH, Kassem AA, Ibrahim EA, Reddy IK, Khan MA &ndash; &ldquo;Honey, a prospective antibiotic: extraction, formulation, and stability. &ndash; Pharmazie, 2001 Aug; 56(8):643-7</li> </ul> </div>

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