Brevi considerazioni sul sistema verbale egizio

<DIV align=justify>Le motivazioni sono molteplici e sarebbe, in tal sede, troppo elaborata una esposizione esauriente. Certamente una delle cause è da ascriversi nella assenza della vocalizzazione nella scrittura, peculiarità questa che rende estremamente opinabile ed approssimativo un esame delle varie forme verbali. Il verbo infatti esprime un’azione "dinamica" che si estrinseca proprio mercé una certa collocazione delle vocali che fungono da desinenza al tema verbale. Un’altra causa che certamente non facilita il compito della interpretazione della morfologia verbale relativa alla lingua egiziana dell’Antico e Medio Regno risiede nel fatto, come osserva il Loprieno (cfr. A. Loprieno: Ancient Egyptian, Cambridge Un. Press pag. 73), che mentre la morfologia dei nomi tra Vecchio e Medio Regno rispetto al tardo egiziano, al demotico e copto risulta marginale, ciò non lo è per le forme verbali ove si rileva direi una frattura tra il Vecchio e Medio Regno da una parte ed il tardo egiziano e copto dall’altra. Poiché il copto serve di ausilio, sovente determinante, nell’interpretazione dello jeratico e scrittura geroglifica trattandosi di scrittura munita di vocali (fase di ellenizzazione della scrittura), l’ausilio di questa nella corretta interpretazione delle forme verbali relative alla lingua arcaica e del medio regno risulta notevolmente tenue. Per ciò che concerne poi il tardo egiziano, che ha rimpiazzato le costruzioni perifrastiche basate sui prefissi seguiti dalle forme infinitivali, lo stesso rende oltremodo nebulosa la comprensione dell’alternanza vocalica. Tali problematiche hanno subìto una serie di evoluzioni e/o modifiche tra gli studiosi nel corso de tempo, dalla scuola del Budge a quella del Sethe e dei suoi pupilli Gardiner e Polotskj (creatore quest’ultimo della Standard Theory) e tanti altri. Ma al di là di queste indubbie considerazioni vorrei porre in evidenza in tal sede un elemento di estrema importanza: il verbo egizio ha una struttura profondamente diversa da quella delle lingue indoeuropee di oggi. Il sistema verbale italiano derivante dal latino ad esempio, ma ciò vale naturalmente anche per altre lingue occidentali, si impernia basilarmente sul concetto del tempo. In sostanza nella nostra lingua si tende a collocare l’azione in un preciso periodo del presente, del passato o del futuro e ad esaminarla in relazione alle altre azioni della frase. Ciò determina il rapporto reciproco di anteriorità, contemporaneità o posteriorità. Il sistema verbale egizio è fondamentalmente diverso: infatti i tempi esprimono più che l’aspetto della progressione cronologica degli eventi, l’aspetto dell’azione verbale per se stessa al di fuori della temporalità. Quindi direi un aspetto statico, come afferma il Roccati, in quanto il verbo evidenzia essenzialmente il concetto di azione posta al di fuori di una temporalità dinamica dovuta alla successione degli eventi. L’azione verbale di per se stessa tende infatti a mostrare se la medesima è durativa, puntuale, compiuta o virtuale e ciò, tornasi a ripetere, in maniera atemporale. Si parla così più di perfettivo, imperfettivo, stativo (alias pseudo participio od anche vecchio perfettivo), più che di perfetto, imperfetto ecc. A ben vedere l’impostazione così come enunciata accomuna, in certi suoi aspetti, il verbo egiziano antico al sistema verbale del greco antico ove, è noto, l’aoristo evidenzia un’azione colta nella sua momentaneità o atemporalità, seppur volta ad eventi passati. Comunque ritengo opportuno far cenno del fatto che nel copto si incominciò a sviluppare il concetto della temporalità degli eventi come successione cronologica degli stessi. Naturalmente cercare di dare risposta al perché il verbo egizio sia fondamentalmente connotato da atemporalità, al contrario delle lingue occidentali ove si tende, come accennato, essenzialmente a dare massimo risalto alla configurazione temporale, risulta oltremodo difficile. Probabilmente la scrittura era in primis essenzialmente indirizzata (mi riferisco soprattutto alla geroglifica) a finalità sacre ove il concetto doveva esprimere dei valori al di fuori del tempo reale: sentenze, motti, esaltazioni di gesta eroiche dei sovrani ecc. Il lettore doveva comprenderne il contenuto che era finalizzato nel servire da insegnamento, da guida. Il tempo pertanto, inteso come progressione cronologica di azione, non aveva senso. Questa mia impressione viene altresì suffragata dal fatto che proprio con l’avvento del copto iniziò quella lenta fase evolutiva imperniata sul principio della coesione dei tempi che collegano e caratterizzano il periodo dell’azione verbale osservata dal punto di vista dello speaker. </DIV> <DIV align=justify>&nbsp;</DIV> <DIV align=justify><STRONG>Sesebi – www.geroglifici.it </STRONG></DIV>

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