Sulle Mummie

<P>È notizia recente, pubblicata sulla rivista "Nature", che un gruppo di ricercatori, guidato dal Prof. Stephen Buckley dell’Università di Bristol, utilizzando gli strumenti della moderna chimica analitica, ha esaminato ben 13 mummie di periodi diversi, che coprono interamente il primo ed il secondo millennio a.C. <BR>Nell’antico Egitto, la mummificazione delle salme si deve alle loro credenze religiose che identificavano, in ogni individuo, tre aspetti vitali. L’Ankh, il principio vitale, il Ba, l’anima spirituale ed il Ka, la vita in quanto tale. A questi si aggiungeva il Nome, senza il quale l’individuo (o anche la cosa) non poteva esistere. Il defunto, una volta superato l’esame della pesatura del cuore, che doveva essere leggero come la piuma di Maat, e dichiarato di non aver mai fatto ben trenta diversi "peccati", doveva attraversare il Duat. Alla fine del percorso nel Regno dei Morti, il suo Ka sarebbe poi ritornato attraversando la "finta porta" e ridando vita al corpo fisico, che andava perciò preservato, munito di amuleti e fornito di cibo e bevande per il suo lungo viaggio. Essenziale era anche la presenza del suo nome. Il cancellarlo – come è stato fatto per Hatshepsut e per Akenaton – non era solo eliminare il ricordo, bensì negare al suo proprietario il diritto di esistere di nuovo. <BR>Le mummie più antiche giunte fino a noi sono solo corpi sepolti nel deserto, che si sono conservate solo in funzione delle particolari condizioni climatiche e del terreno. Una di queste, in posizione rannicchiata su un fianco, è conservata nel Museo Egizio di Torino. In seguito, le tecniche di imbalsamazione si affinarono sempre più, giungendo al massimo durante il Nuovo Regno. Erano procedimenti segreti, gelosamente custoditi dalla corporazione degli imbalsamatori e nulla di scritto è rimasto al proposito. Quanto sappiamo ci è solo giunto da Erodoto. Però, le odierne tecnologie fisico/ chimiche non invasive di indagine sulle mummie stanno permettendo di conoscere molte notizie sui procedimenti seguiti. Purtroppo, sono numerosi i depositi di mummie saccheggiati nel passato. Molte sono state distrutte per ricavare la famosa "polvere di mummia" alla quale, nel ‘6/700, si attribuivano particolari poteri magici. Altre sono state addirittura usate come combustibile, data la scarsità di legna e carbone, per le vaporiere dei treni egiziani. Che si conosca, i procedimenti di mummificazione erano diversi a seconda del ceto del defunto. In tutti, però, veniva utilizzata sabbia proveniente dalla valle del Natron, situata tra Alessandria e la depressione di Al-Qattara. Questa era ricca di un sale minerale, ora noto come salnitro, che ha grande potere disidratante. Nel procedimento di mummificazione più semplice, per la gente del popolo, ci si limitava ad immergere il corpo nel natron, dove veniva lasciato per 10/15 giorni, poi a lavarlo e ricoprirlo con oli essenziali e quindi a bendarlo. Per il ceto medio, il corpo veniva prima eviscerato, e immerso nel salnitro per almeno 30 giorni. Per i personaggi di più alto lignaggio, Faraoni compresi, il periodo di mummificazione durava almeno 70 giorni. Si estraeva il cervello, cui non si dava alcun valore, con dei ganci dalle cavità nasali e si lavava l’interno del cranio con liquidi che disfacevano le parti residue. Il cuore veniva lasciato al suo posto (doveva essere pesato!) e le altre viscere, anch’esse lavate e disidratate, raccolte e suddivise nei vasi canopici che portavano il nome dei quattro figli di Horus: Duamtef, con la testa di sciacallo, conteneva lo stomaco, Hapy, a testa di babbuino, i polmoni, Amset, a testa umana, il fegato e Kebehsenuf, a testa di falco, gli intestini. <BR>La successiva disidratazione nel natron, in questo caso, durava almeno due mesi. Poi il corpo veniva ripulito e, con una particolare cerimonia, lavato nell’acqua del Nilo e poi con vino di datteri. Come racconta Erodoto, la cavità addominale era quindi riempita con vegetali triturati, quali mirra, cassia ed altri aromi con significati religiosi ed effetti antibatterici e, nelle cavità oculari, spesso si inserivano delle cipolle. Il cadavere era poi cosparso di resine ed oli essenziali e poi avvolto nelle bende impregnate di sostanze gommose, tra le quali si inserivano amuleti di protezione per il viaggio nel Duat. Le bende potevano avere anche colori contrastanti per creare particolari effetti. Il sesso della mummia era poi indicato dalle posizione delle braccia: incrociate sul petto per i maschi, con un braccio lungo il corpo per le donne. Con l’avvento dei romani, la pratica della mummificazione cadde poi via via in disuso. <BR><BR>Dalle mummie esaminate dall’équipe del Prof. S. Buckley, emergono diversi aspetti interessanti. Gli oli essenziali di cui si cospargevano i corpi avevano proprietà indurenti e, polimerizzandosi, costituivano una specie di bozzolo atto a preservare da qualsiasi traccia d’umidità le salme dentro alle loro sarcoteche. Inoltre i materiali usati per il procedimento di mummificazione hanno subito notevoli variazioni nel corso degli anni, come, ad esempio, negli ultimi tempi, l’utilizzo della cera d’api, ricca di sostanze antibatteriche. Inoltre, la diversità delle sostanze usate costituisce anche un utile indicatore delle variazioni socio/economiche nel tempo dell’antico Egitto, sia perché testimoniano il livello delle disponibilità finanziarie dei ceti più elevati, sia perché forniscono preziose indicazioni sulle vie di commercio e d’importazione. Un’altra notizia apparsa tempo fa sulla stampa è che in alcune mummie (Seti I, e altre) erano state riscontrate tracce di nicotina. <BR><BR>Con tutta probabilità la cosa è imputabile a contaminazioni successive. Però, qualora non fosse così, la cosa potrebbe costituire la prova di un contatto tra il mondo egizio e le Americhe e dare ragione a Thor Heyderdahl che, dopo l’avventura col Kon Tiki nel Pacifico, negli anni sessanta attraversò l’Atlentico con un’imbarcazione costituita da fasci di papiro che battezzò "Ra".</P> <P><STRONG>Gilberto Sozzani</STRONG></P>

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