Deir El-Medina

<p style="text-align: justify">Il villaggio con la sua recinzione venne fondato dal re Thutmosi I intorno al 1540 a.C., ma gli abitanti considerarono patroni del villaggio e della necropoli il defunto faraone Amenhotep I e sua madre Ahmose Nefertari e ad essi venne dedicato un santuario e un culto a grande partecipazione popolare. Il villaggio continuò ad essere abitato per circa 500 anni: la vita del villaggio inizia con la XVIII dinastia e termina sostanzialmente alla fine della XX dinastia. Il villaggio venne gradatamente abbandonato dopo che la Valle dei Re non fu più usata come necropoli dai sovrani a partire dalla XXI dinastia(3). Il villaggio, che si trova sulla riva occidentale del Nilo di fronte alla odierna città di Luxor, ha conservato i resti delle abitazioni ancora racchiusi entro la cinta muraria che consentiva ai Medjai, la polizia del tempo, di sorvegliare l’unico ingresso che si apriva nella recinzione a nord del villaggio. Il villaggio si è sviluppato in diverse fasi con un orientamento nord-sud, ben delineato dalla strada di circa 130 metri su cui si aprivano, sui due lati, le abitazioni del villaggio.</p> <p style="text-align: justify"><strong>LE CASE DEL VILLAGGIO </strong>Sono state contate 68 abitazioni all’interno delle mura di recinzione(4). Altre 40 case, sorte all’esterno della recinzione, erano adibite al personale di servizio della comunità di Deir el-Medina. Le case dei lavoratori erano costituite, a partire dall’ingresso, di una stanza sul fronte stradale con il pavimento più basso di circa 40 cm. Nelle pareti una nicchia conteneva il busto di un antenato a cui era riservato un culto personale. Alla stanza frontale seguiva una stanza detta del “divano” per una sorta di panca costruita di mattoni crudi o in terra battuta. La stanza del divano aveva anche una colonna lignea che sosteneva il soffitto. La base circolare litica di tale colonna ha rivelato in alcuni casi il nome del padrone di casa scritto in geroglifico. Uno scavo in un lato di tale sala era utilizzato come cantina. Il vano successivo era soprattutto destinato alle donne e fungeva anche da camera da letto. Qui si trovava anche la scala che saliva al tetto-terrazzo. La casa terminava con una stanzetta a cielo aperto: la cucina. Uno scavo nel terreno in fondo alla cucina serviva pure da cantina. Le case dei lavoratori occupavano in genere un’area complessiva di 70-80 mq.; le case dei personaggi eminenti del villaggio potevano raggiungere i 120 mq. In 28 abitazioni la sala che si apriva sulla strada conteneva una sorta di panca protetta da un muricciolo a cui si accedeva tramite 3-4 gradini. Questa struttura, chiamata “letto chiuso”(5), mostrava rappresentazioni del dio Bes e scene legate in vario modo ai temi della sessualità, della fecondità e della riproduzione. Uno studio recente ha concluso che queste rappresentazioni intendevano assicurare la rinascita dei defunti ricreando “il campo dei giunchi”(6) e che a tale scopo il “letto chiuso” veniva usato come altare(7). Secondo questa interpretazione il pavimento della stanza frontale in cui si trovava il “letto chiuso” era di fatto un giardinetto il cui significato si ricollegava alla resurrezione e all’aldilà8.</p> <p style="text-align: justify"><strong>GLI ABITANTI DEL VILLAGGIO</strong> E’ stato valutato che il villaggio ospitasse, secondo i periodi, fino a un massimo di 700 persone. Sono stati identificati 76 nuclei familiari(9). I nuclei familiari del villaggio si costituivano attorno ai soggetti che in base alla loro professionalità operavano alla costruzione e alla decorazione delle tombe. L’elenco di tali professionalità(10), per ogni tomba in lavorazione, ci dà pure uno schema di organizzazione del lavoro:</p> <ul> <li>Capi Squadra (2 persone): uno per ogni lato della tomba; -Scribi della tomba (2 persone): addetti all’amministrazione di ogni squadra;</li> <li>Idenu (2 persone): agivano come intermediari tra i lavoratori e i capi squadra per ogni esigenza operativa;</li> <li>Operai e artigiani della squadra: da 40 a 60 uomini, secondo i periodi:</li> <li>Guardiani della tomba (2 persone): custodivano la tomba, i materiali di lavoro e agivano come membri del tribunale per giudicare reati minori commessi nel villaggio;</li> <li>Custodi della porta della tomba (2 persone): sorvegliavano giorno e notte la tomba reale in costruzione;</li> <li>Servi e serve della tomba (un gruppo per ogni squadra): erano portatori d’acqua, pescatori, taglialegna, portatori di verdure, vasai, lavandai; il loro numero variava secondo il numero di lavoratori della squadra;</li> <li>Medjai: un corpo di polizia della necropoli composto da nubiani: il numero dei capi e degli uomini al loro comando varia secondo i periodi.</li> </ul> <p style="text-align: justify">La documentazione ritrovata a Deir el-Medina ci fa sapere che anche un medico, pure se dipendente da altra amministrazione, era disponibile per interventi contingenti e per visite periodiche ai lavoratori. Tutti i lavoratori ricevevano un salario mensile in grano e orzo commisurato alle rispettive professionalità e responsabilità. Testi coevi ci hanno tramandato la cronaca di alcuni scioperi e di manifestazioni di protesta degli abitanti del villaggio, durante il periodo ramesside, causati da gravi ritardi nella distribuzione delle derrate alimentari spettanti come retribuzioni agli artigiani e agli operai(11) . A nord-ovest del villaggio si vedono i resti di cappelle dedicate principalmente al culto regale e al culto privato degli antenati. Alcune cappelle erano dotate di panche in pietra che potevano ospitare oggetti votivi o essere sedili dei componenti della qnbt (= confraternita)(12) del villaggio in occasione di feste calendariali, di oracoli e di casi giudiziari.(13)</p> <p style="text-align: justify"><strong>IL GRANDE POZZO</strong> Un grande pozzo a nord del villaggio venne scavato per cercare di raggiungere la falda acquifera e fornire di acqua il villaggio. Il tentativo non ebbe successo nonostante la profondità dello scavo: quasi 50 metri. Così il pozzo venne usato come pattumiera. E’ proprio da questo pozzo, oltre che dalle tombe, che ci sono giunti numerosi documenti sulla vita degli abitanti del villaggio e sulla organizzazione del lavoro, grazie anche ai numerosi ostraka(14) figurati e letterari (circa 5000) recuperati dal pozzo. Grazie alla enorme quantità e ricchezza di materiali conosciamo molti avvenimenti che tracciano la storia di Deir el-Medina e di alcuni dei suoi abitanti: vicende familiari, contrasti tra famiglie, la vita sociale del villaggio in tutte le sue sfumature. Conosciamo le credenze religiose e le forme in cui si esprimeva la loro fede verso le grandi divinità nazionali(15), rappresentate spesso dalle loro ipostasi animali(16), e perfino verso divinità straniere(17). Sono noti il culto e il rituale di Amenhotep I; la devozione per gli antenati; la venerazione per la Cima Bella (Qurn), la montagna tebana a forma vagamente piramidale, ritenuta la sede di Mertseger (= colei che ama il silenzio), la dea rappresentata spesso nella sua forma animale, cioè come cobra. La dea Mertseger compare solo nella XIX dinastia: è molto presente nella comunità di Deir el-Medina, mentre nelle altre necropoli tebane si manifesta con rare presenze e scompare del tutto alla fine della XX dinastia(18).</p> <p style="text-align: justify"><strong>LA NECROPOLI </strong>Il villaggio di Pa-Demi fu costruito all’interno di un piccolo wadi chiuso le cui pendici sono state utilizzate dagli abitanti per costruire le loro tombe durante le pause di lavoro. Le tombe sono generalmente decorate a tempera, policrome, a colori vivaci, o monocrome, con il colore giallo predominante, che rappresentano in particolare vignette che illustrano vari capitoli del Libro dei Morti e scene di offerta e banchetti in ambito familiare. Le tombe decorate sono 53 e appartengono quasi tutte alle dinastie XIX e XX. Solo 6 tombe della XVIII dinastia sono decorate. Le altre tombe della XVIII dinastia, circa 400, oltre a non essere decorate sono spesso anonime, a volte semplici caverne(19) . Alcune tombe sono aperte alle visite turistiche: -tomba di Sennedjem (TT1) – servitore nella Sede della Verità(20) della XIX dinastia -tomba di Pashedu (TT 3) – servitore nella Sede della Verità della XIX dinastia -tomba di Inerkhau (TT 359) – un caposquadra della XX dinastia Altre tombe, di notevole interesse artistico e religioso, pure essendo chiuse al pubblico sono state documentate fotograficamente e possono quindi essere visionate: -tomba di Neferabu (TT 5) – servitore nella Sede della Verità, periodo ramesside -tomba di Amennakht (TT 218) – servitore nella Sede della Verità della XIX dinastia -tomba di Nebenmaat (TT 219) e di Khaemteri (TT 220) – figli di Amennakht, servitori nella Sede della Verità della XIX dinastia -tomba di Irinefer (TT 290) – servitore nella Sede della Verità, periodo ramesside -tomba di Nakhtamon (TT 335) – prete di Amenhotep I e scultore della XIX dinastia</p> <p style="text-align: justify"><strong>Bibliografia essenziale</strong></p> <p style="text-align: justify">La bibliografia su Deir el-Medina è molto vasta e quindi ci limiteremo a segnalare soltanto i volumi in lingua italiana, generalmente disponibili:</p> <ul> <li>Botti &amp; Peet, Il giornale della necropoli di Tebe, F.lli Bocca, Torino 1928</li> <li>Tosi &amp; Roccati, Stele ed altre epigrafi di Deir el-Medina, Ediz. d’arte F.lli Pozzo, Torino 1972</li> <li>Tosi &amp; Nicola, Vita quotidiana nel villaggio operaio di Deir el Medina da ostraca iscritti e figurati, Editrice La Mandragora, Imola 2003</li> <li>Tosi, Deir el-Medina. Amenhotep I e gli artisti del Faraone, Ananke, Torino 2003</li> <li>(a cura di G.Andreu &amp; Donadoni Roveri), Gli artisti del Faraone. Deir el-Medina e le Valli dei Re e delle Regine, Electa, Milano 2003</li> <li>Tosi, Una stirpe di pittori a Tebe, Ediz. d’arte F.lli Pozzo, Torino 1972 -Tosi, La cappella di Maia, Ediz. d’arte F.lli Pozzo, Torino 1970 -Leospo &amp; Tosi, Vivere nell’antico Egitto: Deir el-Medina, Giunti, Firenze 1998</li> <li>Romer, Vita quotidiana nella Valle dei Re, A. Mondatori, Milano 1986</li> <li>Noberasco, Analisi statistica di alcuni documenti di carattere religioso provenienti da Deir el-Medina, Giappichelli Edit., Torino 1977</li> <li>Fornari &amp; Tosi, Nella Sede della Verità. Deir el-Medina e l’ipogeo di Thutmosi III, Franco Maria Ricci, Milano 1987 -Schiaparelli, La tomba intatta dell’architetto Kha nella necropoli di Tebe, AdArte, Torino 2008</li> <li>Roccati, Per un “capace spirito di Ra”, in <hommages sauneron="" serge="" à=""></hommages>, I, IFAO, Le Caire 1979, pagg. 181-184 Per la descrizione di alcune tombe si rinvia a:&#160;</li> <li>Tosi, Dizionario Enciclopedico delle Divinità dell’Antico Egitto, vol. II, Ananke, Torino 2005, pagg. 152-210 – Hodel-Hoenes, Vita e morte nell’antico Egitto, Ediz. S. Paolo, Torino 1957, pagg. 173-207</li> <li>La Valle dei Re. Le tombe e i templi funerari di Tebe Ovest (a cura di K.Weeks), White Star, Vercelli 2001: i monumenti di Deir el-Medina sono presentati da autori diversi nelle pagine 326-363</li> <li>Siliotti, Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane, White Star, Vercelli 1996: il tempio e le tombe di Deir el-Medina sono descritti da pag. 132 a pag. 139 Sull’attività di Schiaparelli a Deir el-Medina: Ernesto Schiaparelli e la tomba di Kha (a cura di B. Moiso), AdArte, Torino 2008.</li> </ul> <p>In particolare vanno segnalati i seguenti articoli:</p> <ul> <li>Moiso, La figura di Schiaparelli e la sua attività a Tebe, pagg. 108-128</li> <li>Donadoni Roveri, La tomba di Kha: il ritrovamento, pagg. 129-144.</li> </ul> <p><strong>A cura di Gilberto Modonesi – Aprile 2010 </strong></p> <p><strong>Note:</strong></p> <ol> <li>Uno studio a largo raggio su Deir el-Medina si trova in: Valbelle, “Les ouvriers de la Tombe”. Deir el-Médineh à l’époque ramesside, IFAO, Le Caire 1985.&#160;</li> <li>L’attuale nome arabo ricorda un monastero copto del V-VI sec. d.C.</li> <li>Già la tomba di Ramesse XI, l’ultimo re della XX dinastia, non fu terminata e neppure utilizzata.&#160;</li> <li>Le mura in mattoni crudi potevano raggiungere un metro di spessore e tre metri in altezza: Bonnet &amp; Valbelle, Le village de Deir el-Médineh. Reprise de l’étude archéologique, BIFAO 76 (1976).&#160;</li> <li>Questa struttura è chiamata “lit clos” nella letteratura in lingua francese e “elevated bed” in quella inglese. Questo termine venne coniato dal Bruyère per la somiglianza che questa costruzione aveva con i letti bretoni.</li> <li>Un mitico luogo dell’aldilà che il defunto aspirava a raggiungere.</li> <li>Un articolo recentissimo, pure mettendo in dubbio il significato delle decorazioni trovate nei “letti chiusi”, conferma la funzione di queste strutture come un altare casalingo e ipotizza che il culto fosse rivolto a una o più divinità adorate nel villaggio: Weiss, Personal Religious Practice: House Altars at Deir el-Medina, in <jea></jea>vol. 95/2009, pagg. 193-208. Secondo questo autore i “letti chiusi” di Deir el-Medina sono 29, non 28. Noberasco, Analisi statistica di alcuni documenti di carattere religioso provenienti da Deir el-Medina, Giappichelli Editore, Torino 1977.</li> <li>Brooker, A new approch of identifing the function of the elevated beds at Deir el-Medina, University of Birmingham 2009. Gli elementi base di tale interpretazione sono il livello più basso del pavimento rispetto alla strada e alle altre stanze e i modellini di abitazione rinvenuti nella tomba di Mekhetra ed esposti al Museo Egizio del Cairo e al Metropolitan Museum of Art di New York.&#160;</li> <li>Leospo &amp; Tosi, Vivere nell’antico Egitto. Deir el-Medina, il villaggio degli artefici delle tombe dei re, Giunti, Firenze 1998, pag. 9; Della Monica, La classe ouvrière sous les pharaons. Etude du village de Deir el Medineh, Librairie d’Amerique et d’Orient, Paris 1980.&#160;</li> <li>Un esame particolare di ogni categoria professionale si trova in: Cerny, A Community of Wormen at Thebes in the Ramesside Period, IFAO, Le Caire 2001.</li> <li>Questi episodi sono riportati in molti testi. Per il regno di Ramesse III si veda, ad esempio: Grandet, Ramsès III, histoire d’un règne, Pygmalion, Paris 1993, pagg. 324-329; per i regni successivi si può consultare Vernus, Affaires et scandales sous les Ramsès, Pygmalion, Paris 1993, pagg. 75-99.&#160;</li> <li>Bomann, The Private Chapel in Ancient Egypt. A Study of the Chapels in the Wormen’s Village at el Amarna with Special Reference to Deir el Medina and Other Sites, Kegan Paul International, London 1991, pagg. 71-74. Secondo questo studio la confraternita del villaggio era costituita da un numero fisso di 12 membri.</li> <li>Sui casi giudiziari si sofferma Valbelle, op. cit., pag. 310.</li> <li>Gli ostraka sono scaglie di calcare o cocci di vasi, quindi materiali non deperibili, sui quali gli scribi registravano le minute di atti che poi venivano riportate in bella copia su papiri (materiale costoso). Anche gli allievi scribi usavano gli ostraka per ricopiare testi classici di varia natura. Fino a una decina di anni fa erano inventariati circa 13.000 ostraka, di cui 7.400 “letterari” e gli altri “figurati”: Mathieu, La littérature égyptienne sous les Ramsès, in <deir rois="" vallée="" el-médineh="" et="" la="" des=""></deir>, Editions Khéops, Paris 2003, pag. 119. Un gran numero di ostraka figurati si trovano riprodotti in: Minault-Gout, Carnet de pierre, Hazan, Paris 2002; Tosi &amp; Nicola, Vita quotidiana nel villaggio operaio di Deir el Medina da ostraca iscritti e figurati, Editrice La Mandragora, Imola 2003.&#160;</li> <li>Espressi anche nelle forme locali: esempio “Amon dei giardini”. In alcune tombe si trova anche il culto di divinità della I cataratta: Anuket e Satis. Valbelle, Témoignages du Nouvel Empire sur les cultes de Satis et d’Anoukis, à Eléphantine et à Deir el-Medineh, BIFAO 75 (1975), pagg. 123-145.</li> <li>Le stele esposte nel Museo Egizio di Torino e nel Museo del Louvre mostrano spesso l’oca e l’ariete di Amon, il gatto come forma del dio solare, Taueret come ippopotamo, Mertseger come cobra, Hathor nella forma di vacca, ecc</li> <li>In particolare le bellicose divinità dell’area siro-palestinese: la dea Qadesh e il dio Reshep. 1</li> <li>Yoyotte, A propos de quelques idées reçues: Méreseger, la Butte et les cobras, in <deir rois="" vallée="" el-médineh="" et="" la="" des=""></deir>, op. cit., pagg. 281-307. Nell’articolo l’autore ritiene che il vocabolo egizio Dehenet, con il quale si designa usualmente la Cima, sia invece da riferire più probabilmente alla spelonca che si trova sul sentiero che dal villaggio di Deir el-Medina conduce alla Valle delle Regine.</li> <li>Leospo &amp; Tosi, op. cit., pag. 100. Sono sei le tombe decorate della XVIII dinastia. Due di esse sono state pubblicate: Cherpion, Deux tombes de la XVIIIe dynastie à Deir el-Medina, IFAO, Le Caire 1999.</li> <li>Sedjem asch en Aset Maat (= servitore nella Sede della Verità).</li> </ol>

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