L’harem del faraone

CONCETTO E DEFINIZIONE
Già dal principio dell’epoca storica della civiltà egizia l’istituzione dell’harem reale è un ordinamento che compare congiuntamente all’amministrazione della corte del faraone, ma totalmente indipendente da essa.
L’IPET NESUT è la sede dove risiede la regina e dove sono allevati i figli del re.
Vivono, nello stesso luogo, anche le mogli secondarie, definite anche “ornamenti reali” (khekerut nesut) e vivono pure le “neferut”, dinamiche cortigiane che con canti e danze avevano il compito di allietare il sovrano.

ORGANIZZAZIONE DELL’HAREM

L’harem, in realtà, era un’istituzione imponente, organizzata in modo molto strutturato, comandata da un dirigente dell’amministrazione assistito da un vice.
Il responsabile era a capo di un gran numero di scribi, di ispettori e di funzionari subalterni insigniti dei titoli di “scriba della porta dell’harem” e di “guardiano delle porte”.
Ovviamente una simile organizzazione, che raggruppava un numero considerevole di persone, aveva bisogno di numerosi artigiani e domestici al proprio servizio senza contare il personale necessario per la produzione dei fondi agricoli, facenti parte delle rendite, e che potevano essere certamente rilevanti.
Queste ricchezze comprendevano bestiame di vario genere, dei prodotti delle terre coltivate, delle aree di pesca ed anche di imposte e tasse che l’amministrazione poneva sui propri possedimenti.
E’ importante notare che in tutta la gerarchia imponente che gestiva l’harem sembra non esistessero gli Eunuchi (custodi maschili evirati) che pare non siano mai esistiti nell’Egitto faraonico.

LA FUNZIONE DELL’HAREM
La funzione dell’harem, dominato dalla grande sposa reale, era essenzialmente quella di ospitare le principesse, sposate dal faraone per svariati motivi, le quali si presentavano a corte con un proprio seguito e necessitavano quindi di abitazioni in grado di ospitare mol-ta gente, con un tenore di vita costoso: dimore in cui le principesse sarebbero vissute con i figli avuti dal re.
L’harem divenne quindi molto rapidamente centro della politica estera intrapresa dal faraone basata sui matrimoni e la presenza di principesse straniere nella cerchia del re favorì l’introduzione a corte di sangue nuovo nelle famiglie nobili, specie dalla XVIII Dinastia in poi.
Sappiamo, ad esempio, che Amenhotep III fece emettere uno scarabeo nel decimo anno del regno per commemorare il matrimonio con Gilukipa (Kilu-Hepa in lingua hurrita), figlia di Shuttarna II, re di Naharina (Mitanni).
Costei arrivò in Egitto con un seguito di 317 donne. Se a queste si aggiungono altre 40 belle donne che giunsero da Gaza per un altro evento, possiamo dedurre che l’harem di questo sovrano aveva un minimo di quasi 400 straniere.

ATTIVITA’ DELL’HAREM
In questi ginecei si diede la massima importanza allo sviluppo di tutte le doti femminili e alla raffinata educazione nelle maniere e nei gusti.
Musica, danza, poesia e tutte le arti per sedurre furono indubbiamente oggetto delle quotidiane occupazioni.
L’harem costituiva però anche un importantissimo centro di produzione.
Una delle sue attività principali delle decane fu, se non proprio la tessitura, almeno la sor-veglianza dei corrispondenti laboratori che erano di proprietà regia.
I prodotti di quest’artigianato rifornirono tutto l’Egitto e le corti alleate.

LE DAME DELL’HAREM
Molti tipi di donne popolavano l’harem.
Sotto la guida della grande sposa reale, che vi risiedeva con le figliolette, furono ospitate innanzitutto le mogli secondarie del re, sia egizie che straniere.
C’erano poi gli appartamenti delle favorite o “ornamenti reali” la cui fama era dovuta al ca-priccio volubile del sovrano. Sembra che esse portassero una corona del tutto particolare decorata da fiori dritti inseriti in un diadema.
Le favorite furono ben presto chiamate “dame dell’harem” e, terminato il capriccio, venivano date in matrimonio ad alti funzionari dell’amministrazione regia particolarmente meritevoli.
L’appellativo “ornamento reale” perse in seguito il proprio significato iniziale e venne conferito anche a dame di corte al servizio della grande sposa reale.
Anch’esse venivano fatte sposare ai collaboratori più intimi del faraone rendendone più fulgida la carriera.

L’EDUCAZIONE DELLA PROLE REALE
Nell’harem le nutrici, scelte tra le dame della nobiltà, e i precettori, spesso generali a fine carriera, vegliavano sui giovani principi e principesse alle dipendenze dell’effettiva responsabile: la regina madre.
Forse qui la grande sposa reale veniva a partorire nel corso di importanti cerimonie celebrative passandovi un periodo di reclusione per le purificazioni conseguenti.
Risulta che a Palazzo ci fosse una scuola nella quale i giovani nobili condividevano l’insegnamento impartito ai principi, il kep.

I COMPLOTTI DELL’HAREM
Se si considera l’importanza dell’istituzione dell’harem e il numero di spose principali e secondarie con l’aggiunta delle favorite non c’è da stupirsi che tante rivalità si manifestassero, spesso in modo violento, mediante complotti.
C’è da considerare che ogni sposa e favorita aveva un proprio seguito di persone della propria famiglia, consiglieri e confidenti abili ma ambiziosi, spesso appartenenti a fazioni opposte.
Molti complotti furono riconducibili a lotte per la preminenza tra le favorite, ma le cospira-zioni più gravi costituirono una minaccia alla vita stessa del sovrano a beneficio del figlio dell’una o dell’altra moglie secondaria, egiziana o straniera, comunque un discendente che per nascita non poteva competere con il figlio primogenito della grande sposa reale.
L’epoca ramesside ci fornisce le testimonianze storiche più numerose e dettagliate.
Fra di esse compaiono documenti di origini diverse che riferiscono di una grande cospira-zione dell’harem al tempo di Ramesse III e di un grande processo che ne seguì.
Non si tratta più di allusioni velate relative alle colpe di una grande sposa oppure di un regicidio romanzato nel quale i protagonisti rimangono praticamente anonimi.
In questo caso, invece, abbiamo un resoconto preciso dei fatti, lo svolgimento dell’inchiesta e dei suoi colpi di scena e, infine, la conclusione del processo.
Tutto è descritto nel papiro giudiziario di Torino, proveniente, con ogni probabilità, dalla biblioteca del tempio giubilare di Ramesse III a Medinet Habu.
Se l’attentato avesse avuto successo, sicuramente, non ne avremo sentito parlare, almeno non in questi termini.
Per molto tempo gli studiosi credettero che fosse morto vittima della cospirazione, ma ana-lizzando con cura il testo del papiro giudiziario di Torino, risulta che il documento sia stato fatto scrivere dal principe ereditario Ramesse IV, allo scopo di far pesare sul padre la completa responsabilità dell’estrema severità della sentenza, le cui conseguenze si rivelarono molto pericolose per la monarchia.
In realtà non sembra che il faraone sia perito in seguito alla congiura, infatti la mummia di Ramesse III, ritrovata nella cachette, non mostra segni di morte violenta, né sembra che la congiura abbia avuto il minimo successo; il complotto probabilmente non avvenne neppure alla fine del suo regno come si presupponeva all’inizio.
Inoltre sembra che l’harem, in cui fu ordita la cospirazione, fosse un harem da accompa-gnamento non avendo una localizzazione fissa e precisa, poiché seguiva il faraone nei suoi spostamenti.
Il complotto avrebbe dovuto manifestarsi durante la Bella Festa della Valle, che si svolge-va sulla riva sinistra di Tebe.
La congiura fu scoperta per tempo e il faraone fu inesorabile.
Ordinò la costituzione immediata di un tribunale eccezionale, non paragonabile alla classica Corte Suprema che trattava eventi speciali e che formulava giudizi lasciando al faraone l’applicazione delle condanne.
Questo tribunale speciale fu composto di dodici magistrati, scelti tra i funzionari di corte e ufficiali dell’esercito, ma singolarmente, tra i nominati, non vi compare il visir.
Essi ebbero il compito eccezionale di decidere sul verdetto, stabilire le pene e di farle ese-guire. Abitualmente le tre azioni erano demandate a tre organismi differenti.
Questa vicenda, in ogni caso, dimostra con immediatezza l’atmosfera dell’harem durante un periodo di crisi rivelando, sebbene in modo particolare, una parte dell’esistenza vera e quotidiana dell’Antico Egitto.

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